L’Ordine degli Psicologi della Lombardia sta affrontando attraverso una serie di webinar la tematica dei diritti umani.
Uno dei contributi ha affrontato il tema dei diritti delle donne e della violenza economica. La tematica è tristemente attuale, e ancora più urgente nel qui ed ora della crisi sanitaria, economica e sociale che stiamo vivendo. Frequentemente si rileva disparità in ambito lavorativo ed economico tra uomo e donna.
Non è inusuale sentir parlare di lavori da uomo, più legati all’ambito scientifico ed economico, e da donna, invece più inerenti l’ambito dell’accudimento e dell’insegnamento.
Ma è davvero così? C’è davvero differenza di competenze tra uomo e donna o sono solo stereotipi?
Stereotipo di genere
Prima di entrare nel merito della differenza o meno di competenze, approfondiamo il termine stereotipo. Se lo cerchiamo sul dizionario troviamo, declinato per l’ambito psicologico, la seguente definizione: “opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni” (dizionario Treccani).
Più nello specifico l’Associazione Nazionale D.i.Re “Donne in Rete contro la violenza” specifica “in una visione semplicistica e tradizionalista, specifiche caratteristiche di genere (femminile, e in modo diverso anche maschile) attribuibili ad ogni singolo individuo di quel genere. […] Gli stereotipi di genere impediscono di distinguere la singola persona e le sue caratteristiche da quelle che si ritiene debbano essere le caratteristiche del suo genere. Sono generalizzazioni che per lungo tempo hanno influenzato le aspirazioni delle donne e i comportamenti verso le donne. Ingabbiando l’individualità, limitano la libertà di azione ed espressione in tutte le sue forme, arrivando anche a fornire giustificazione a violenze psicologiche e maltrattamenti.” (Ref. D.i.Re)
Il risvolto concreto dello stereotipo è l’ostacolo rispetto a quelle che sono le possibilità di affermarsi e pensarsi a livello personale, che influenza quindi la costruzione di progetti e desideri.
I dati di ISTAT sugli stereotipi
L’Istituto Nazione di Statistica (ISTAT, 2019) lo scorso anno ha pubblicato un comunicato stampa su un’indagine inerente gli stereotipi di genere.
Nella prima parte dell’indagine, inerente gli stereotipi di genere, è stato rilevato che gli stereotipi rispetto al ruolo erano presenti in particolare nell’ambito lavorativo esemplificato dall’affermazione “per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro” (32,5%). Per quanto riguarda l’ambito di gestione domestica, “gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche” (31,5%), ed infine in ambito di violenza economica “è l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia” (27,9%). Lo stereotipo meno diffuso invece è risultato “spetta all’uomo prendere le decisioni più importanti riguardanti la famiglia” (8,8%).
Più della metà della popolazione (58,8%) tra i 18 e i 74 anni si ritrova in queste affermazioni, senza particolare differenza tra uomo e donna, il dato tuttavia è più accentuato nelle fasce di età più elevate e al diminuire del grado di istruzione.
Cervello maschile e femminile? Cosa dice la scienza
Questo tema a livello scientifico è stato recentemente approfondito da Gina Rippon, neuroscienziata dell’Aston Brain Centre dell’Aston University di Birmingham, che lo scorso anno ha pubblicato un testo dal titolo “The Gendered Brain: The New Neuroscience That Shatters the Myth of the Female Brain”.
La scienziata sviscera la questione relativa a cervello “maschile” e cervello “femminile”, sottolineando che non solo sia sbagliato, ma anche profondamente discriminatorio e controproducente per l’intera società utilizzare queste categorie.
Attraverso un excursus delle principali tappe che hanno portato proprio a questo pensiero, viene sottolineato come le radici affondino nella cultura del XVIII e XIX secolo. In quei secoli l’approccio di conoscenza era prevalentemente medico e le considerazioni si basavano sulla mera indagine quantitativa di comparazione tra i cervelli. Il cervello maschile, strutturalmente differente da quello femminile è più pesante e voluminoso e, venne associato a maggiore intelligenza. Alla donna erano invece riservate tutte quelle abilità complementari quali ad esempio l’astuzia. Da qui l’avvio di una serie di congetture inerenti incarichi e professioni più o meno adeguate al genere.
Ad oggi sappiamo che il cervello è in continua evoluzione: l’ambiente, le attività e le esperienze e le persone che incontriamo lo modificano continuamente (“plasticità”). Ogni cervello, come ogni persona è unica e a sé. Ecco perché è fortemente sbagliato parlare di cervello maschile e femminile. La divisione in queste due categorie è fuorviante e dannosa e, secondo la Rippon, rafforza e accresce stereotipi di genere e pregiudizi.
Maschile e femminile nella cultura
Caratterizzare un oggetto affinché si riferisca a un genere piuttosto che a un altro, ovvero la genderizzazione, non è un fenomeno che si è sviluppato in modo rapido o lineare.
Tale fenomeno sembra essere piuttosto recente, metà del secolo scorso, quando le spinte consumistiche hanno dato un notevole contributo.
Bambini e bambine imparano da piccoli ad aderire a un modello di riferimento mettendo in atto rappresentazioni di sé che si riflettono in base a quelli che sono i loro riferimenti. Imparano quindi a capire come muoversi e comportarsi nello spazio pubblico, piangere e relazionarsi con gli altri, giocare e quali giochi utilizzare.
Dall’altro lato gli adulti (genitori ed insegnanti) e i le attività proposte ai bambini sembrano in modo ingenuo essere orientate a seconda del genere.
In una review (Jacobs&Bleeker, 2004) si sottolinea come i genitori giochino un ruolo fondamentale proprio nel plasmare gli atteggiamenti e le percezioni dei figli. Il loro lavoro si focalizzano soprattutto sulle abilità logico-matematiche: avere la percezione di essere bravi in questi ambiti, sarà legato successivamente a una migliore autopercezione di raggiungere buoni valori negli stessi. Nella quotidianità è stato rilevato che l’inclinazione maggiore è di dare risalto alle materie scientifiche e di spronare i bambini in questo ambito soprattutto se maschi, mentre le bambine sono molto meno ritenute abili. Questo creerebbe già in tenera età i presupposti per una profezia che si auto-avvera poi nell’età adulta e nella scelta della carriera professionale successiva.
Ciò che accade è che quando ci relazioniamo, entrano in campo schemi mentali derivanti dagli stereotipi recepiti.
Come si riflette questa disuguaglianza e quale significato può avere?
Entriamo nel merito più psicologico. La nostra lettura del mondo e il significato di ciò che accade prende forma a partire dal contesto nel quale viviamo.
Facendo riferimento l’ottica fenomenologica, il contesto in cui un individuo vive costituisce la “rete coerente di rimandi” e gli permette di condividere senso e significato di ciò che accade. Il senso di stabilità personale e la coerenza delle proprie esperienze e della propria storia, si richiama sempre a questa cornice di significato (Liccione, 2011). In una cornice esistenziale in cui le possibilità di progettarsi sono legate a un concetto di genere, la progettualità dell’individuo risulterà tanto più possibile e avverrà alla luce dei tali aspettative.
“I miei progetti, e quindi il mio mondo, non essendo una costruzione individuale di senso ma un modo di esser-ci e di con-esserci, prevedono agli occhi degli altri una maggiore o minore conformità a talune regolarità.” (Liccione, 2011)
Concludendo….
Tornando alla nostra domanda iniziale: la differenza di genere non costituisce alcun facilitatore o meno rispetto a una maggiore predisposizione a un ambito piuttosto che ad un altro. Lo stesso si può dire quindi per le possibilità lavorative e le prospettive stesse.
È la cornice di riferimento (“rete coerente di rimandi”) all’interno della quale siamo inseriti che costituisce il significato e dà coerenza rispetto alle aspettative di un genere piuttosto che l’altro. Rivedere i nostri stereotipi e preconcetti legati al genere, può venire incontro alla grande diversità dei singoli che compongono la collettività umana, senza costringere nessun* a un percorso esistenziale che non può che essere individuale.
Bibliografia
- Donne in rete contro la violenza – https://www.direcontrolaviolenza.it/
- OPL Psicologia per i diritti umani – https://www.opl.it/psicologia-diritti-umani/
- ISTAT Gli stereotipi sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza sessuale, 2019
- Jacobs, J. E., & Bleeker, M. M. (2004). Girls’ and Boys’ Developing Interests in Math and Science: Do Parents Matter?. New directions for child and adolescent development, 106, 5-21.
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