La recente epidemia di Coronovirus (Covid-19) ha costretto interi paesi ad adottare misure di protezione sanitaria che invitano alla chiusura delle attività e all’isolamento dei singoli al fine di far fronte al dilagare del contagio. Ma queste misure che impatto hanno a livello sociale?
Un recente articolo, pubblicato su Lancet, prova stilare quello che potrebbe essere l’impatto della quarantena a livello psicologico sulla popolazione. Per condurre lo studio sono stati presi in considerazione 3166 articoli scritti durante le epidemie precedenti (SARS 2003, influenza N1H1 tra il 2009 e il 2010, Ebola in Africa 2014, sindrome respiratoria del Medio Oriente ed influenza equina); di sono stati considerati solo 24. Tra gli studi presi in considerazione, la maggior parte degli studi evidenziava effetti psicologici negativi (sintomi da disturbo post-traumatico da stress, confusione, rabbia). I fattori stressanti includevano durata prolungata della quarantena, il timore di contagio, la frustrazione, la percezione di una assistenza inadeguata, informazione inadeguata, perdita finanziaria e lo stigma.
Ma più nello specifico, che cosa è la quarantena?
La quarantena è una separazione e una restrizione negli spostamenti di persone che sono potenzialmente state esposte a una malattia infettiva al fine di accertare l’incubazione della stessa, riducendo il rischio di infezione per altri soggetti. Differisce dall’isolamento che invece è la separazione di persone a cui è stata diagnosticata una malattia, rispetto ad altre che invece sono sane. Tuttavia la percezione di vissuto psicologico spesso è la medesima.
L’emergenza Covid-19 ha visto, all’inizio dell’epidemia, città intere della Cina poste in quarantena e molti cittadini stranieri invitati a rientrare nel proprio Paese di origine. Attualmente la maggior parte dei paesi colpiti dal virus hanno imposto questa misura al fine di contenere l’emergenza.
Ma quali possono essere i possibili risvolti negativi sotto il profilo della salute mentale?
Nelle epidemie precedenti sono stati riportati, a seguito dell’imposizione nella quarantena, episodi suicidari, stati generalizzati di rabbia e infrazioni della legge.
L’analisi delle epidemie precedenti ha sottolinea vissuti stressanti diversi che si differenziano durante la quarantena come paura del contagio, sentimenti di frustrazione e noia dovuti alla perdita della routine, ansia e rabbia reattiva all’esiguità di provviste e scarsità di informazioni da parte delle autorità di sanità pubblica. Terminata la quarantena, invece, i vissuti maggiormente stressanti, si richiamavano a problematiche finanziarie e crescente stigma, il quale persiste anche tempo dopo il termine dell’epidemia.
Quale può essere il modo di far fronte a queste conseguenze secondo gli studi presi in esame?
Le ricerche prese in considerazione hanno sottolineato come avere informazioni attendibili e aggiornate, potesse aiutare coloro colpiti dalla patologia, limitando il rischio di infodemia e di sviluppare considerazioni catastrofiche in riferimento al contagio.
Inoltre è risultato essenziale avere a disposizione adeguate provviste alimentari e mediche ed essere inseriti in una rete sociale telematica al fine di poter gestire i sentimenti di esclusione e di stress correlato alla quarantena.
Cosa possiamo concludere da questo studio?
Sicuramente la misura pubblica della quarantena è un’azione forte e di importante impatto psicologico e sociale. Se da una parte è l’unico modo per poter fronteggiare epidemie, come quella che stiamo vivendo del Covid-19, dall’altra parte il suo impatto è ad ampio spettro e persistente nel tempo.
Per un maggior approfondimento delle parole chiave dell’articolo si rimanda al seguente approfondimento “Dizionario coronavirus”
Si rimanda all’articolo completo di Lancet: https://www.thelancet.com/action/showPdf?pii=S0140-6736%2820%2930460-8
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