La rabbia è una delle emozioni primarie e fin dai primi studi si è stata ritenuta universale, ovvero viene esperita in modo comune e condiviso a prescindere da età, cultura di appartenenza ed etnia. Gli studiosi concordano poi nel ritenere che la rabbia sia una delle emozioni che si manifesta molto precocemente nello sviluppo dell’individuo già dai primi mesi di vita.

La rabbia è un’emozione intensa che ha come effetto l’attivazione del soggetto. La sua attivazione può essere dovuta a stimoli esterni (eventi che mi circondano) o interni (pensieri, interpretazioni cognitive).

Ma vediamo più nello specifico che cos’è la rabbia, come funziona e come la utilizziamo nella quotidianità.

Che cos’è la rabbia

Nel linguaggio comune con il termine di “rabbia” facciamo riferimento a un’emozione con valenza negativa. Si può manifestare come una reazione violenta e incontrollata di irritazione, provocata da gravi offese, contrarietà o delusioni; o al contrario, può essere repressa ed inibita più a segno di senso d’impotenza o invidia (Confalonieri e Gavazzi, 2007).

Come già anticipato, la rabbia si colloca tra le emozioni negative. Seppur non desiderata, ciascuna emozione è necessaria all’individuo: ci aiuta infatti ad affrontare le diverse sfide quotidiane e a svolgere importanti compiti di adattamento.

La rabbia ci pone in attacco rispetto agli altri, e li spinge ad allontanarsi ma, allo stesso tempo, fornisce informazioni per un sano adattamento. Coloro che hanno una buona modulazione della rabbia saranno persone maggiormente in grado di affermare i propri diritti e di difendere sé stessi (assertività).

Come ben spiegato da DiGiuseppe e Tafrate (2007)

È inizialmente suscitata dalla percezione di una minaccia, anche se può persistere dopo che la minaccia è passata. La rabbia è associata a cognizioni e pensieri di attribuzione e di valutazione che sottolineano le malefatte degli altri e motivano una risposta di antagonismo per contrastare, scacciare, ritorcere contro, o attaccare la fonte della minaccia percepita. La rabbia è comunicata attraverso la mimica facciale o posturale o inflessioni vocali, verbalizzazioni avverse e comportamento aggressivo”

Come ben esplicitato, a innescare l’emozione della rabbia vi può essere un ostacolo rispetto al raggiungimento di un desiderio/obiettivo, oppure un possibile/concreto danno. Alla base di questa emozione vi è il tentativo di difendersi e di proteggersi e di cambiare la situazione in corso.

Contrariamente a quel che può sembrare, la rabbia è un’importante forza, un “vigile” che ci guida nella quotidianità: ci aiuta a correggere ed evitare che alcune situazioni sgradevoli possano ripresentarsi; ci permette di aprire o modificare nuove possibilità di azione, anche di strade che fino a quel momento sembravano precluse.

Come funziona

La rabbia ci prepara all’azione e si innesca attraverso uno stimolo esterno o interno (inizio), ha una durata (variabile) e successivamente va incontro ad attenuazione. Come molte altre emozioni è un processo multicomponenziale: fisiologico, espressivo e cognitivo.

A livello fisiologico, la rabbia ha un’ampia varietà di manifestazioni: la pressione arteriosa aumenta con l’accelerazione del battito cardiaco e la maggior irrorazione dei vasi sanguigni periferici, aumentano inoltre tensione muscolare e sudorazione. Queste modificazioni sono risposte fisiologiche che preparano il soggetto ad agire.

Al livello fisiologico si accompagna quello espressivo. L’espressione dell’emozione della rabbia si manifesta solitamente con la contrazione delle sopracciglia, lo sguardo teso, l’arrossamento del volto e il digrigno dei denti (come descritto già nei suoi studi da Ekman e Friesen nel 1978 e ripresi poi nel 2002). Il volto appare come un pattern chiaro di significato universale.

Tra i cambiamenti espressivi grande importanza riveste anche la voce. Essa si caratterizza per un aumento dell’intensità, una diminuzione delle pause o una loro totale assenza e un ritmo elevato. La voce nella rabbia è tesa e piena (Anolli e Ciceri, 1997).

La risposta comportamentale e l’azione effettiva deriva, tuttavia, da una complessa interazione tra la tendenza all’azione e i processi cognitivi che seguono l’iniziale disposizione. L’interpretazione dell’evento scatenante, le proprie credenze e valori, la cultura di riferimento…tutto concorre a:

  • manifestare la rabbia come reazione di attacco/eliminazione dell’ostacolo
  • iper-controllo e soppressione della manifestazione.

Gestione della rabbia

Riprendendo l’ultimo punto, un eccessivo controllo della rabbia, con il soffocamento e la repressione della manifestazione può essere una modalità per gestire l’emozione che non siamo abituati a vivere o di cui ci si vergogna. Qualora ci trovassimo però a doverla gestire saremmo come travolti dall’emotività e in difficoltà nel modularla.

La rabbia, è un importante alleato, un vigile che ci sta mettendo all’erta su una situazione per noi spiacevole e di pericolo. Dobbiamo comprendere il suo significato e riconoscerla. Riconoscere il motivo per cui siamo arrabbiati può essere la spinta per utilizzare quell’attivazione in modo funzionale.

Spesso vi è difficoltà a riconoscere la rabbia perchè può presentarsi con altre emozioni molto forti: tristezza, senso di colpa, vergogna, paura… il mancato riconoscimento porta a un incalzare del sentimento e a spesso a manifestazioni violente verso sé stessi o gli altri.

Cosa fare allora per poterla gestire?

In un quadro non patologico di difficoltà, è importante comprendere:

  • cosa/chi ha scatenato l’emozione che proviamo
  • come avvertiamo la minaccia (ci preclude delle possibilità, è un ostacolo rispetto ai nostri obiettivi, ci sta danneggiando…)
  • cosa posso fare per migliorare la situazione

 

Se la gestione della rabbia è difficoltosa e costituisce un pericolo per sé stessi o nei rapporti interpersonali, è importante chiedere un supporto a un professionista che possa aiutare a comprendere il motivo della difficoltà.
Chiedere aiuto non è un gesto di debolezza ma di crescita.

Bibliografia