Il concetto di Corpo è stato, ed è tutt’ora, un argomento di grande interesse filosofico e psicologico.

Abbiamo assistito, in questo ultimo, ad una progressiva mediazione virtuale del corpo a favore di una sicurezza sanitaria. Tale allontanamento del corpo delle relazioni ha in alcuni casi esacerbato e/o accentuato la divisione di mente e corpo.

All’interno della tradizione filosofica, infatti, il corpo è stato frequentemente contrapposto al concetto di “mente”. La psicologia si è, dall’altra parte, concentrata a comprenderne i significati, le manifestazione e i nessi relazionali che connettono il corpo con la mente.

La scorsa settimana, infine, ho avuto il piacere di affrontare questo argomento con altri professionisti, durante l’ultima serata del primo ciclo di incontri del progetto “Una regia extrascuola: un ponte sul mondo“, passando per i concetti di identità e cambiamento nel ragazzi adolescenti. All’interno della serata si è approfondito il concetto di corpo: sia secondo gli aspetti di sviluppo normativo, sia rispetto alle diverse difficoltà che il ragazzo può incontrare e scontrarsi in questa fase di vita (per un approfondimento e per risentire gli interventi si rimanda QUI).

Ma cosa si intende per corpo? Perché viene ritenuto così importante nella psicologia e nella psicoterapia?

Vediamolo insieme

Il concetto di corpo

Con il termine di “corpo”, nel linguaggio comune, si fa riferimento alla struttura fisica dell’organismo (ovvero l’insieme di ossa, muscoli, organi, vasi sanguigni…). Costituisce cioè una realtà oggettiva e fisica, che si può cogliere secondo parametri quantificabili e misurabili.

Tuttavia quando si intende il soggetto, la Persona, non si può prescindere dal definirla solamente come un corpo, ma è necessario riconoscere che è un “Chi”, un soggetto. È dotato sì di un corpo, ma anche di una esperienza vissuta in prima persona, di un pensiero, di un contesto in cui è inserita…

Ogni volta che intendiamo una persona la dobbiamo intendere quindi come un “corpo vivo”. Il Corpo come il luogo dove il soggetto fa esperienza.

In questo modo possiamo andare oltre all’idea dualistica di mente e corpo, di uomo disincarnato e decontestualizzato che ancora troppo frequentemente ritorna, e costituisce un ostacolo per la cura.

“Se si isola il corpo dall’esistenza, se lo si astrae dal suo vissuto quotidiano, ciò che si incontra non è più la corporeità che l’esistenza vive, ma l’organismo che la biologia descrive” (Galimberti, 2011)

Il corpo nella quotidianità

Nella nostra quotidianità, il corpo non lo avvertiamo quasi mai. Noi siamo consapevoli della sua esistenza in modo pre-riflessivo (ovvero in modo inconsapevole, senza ragionamento).

Il mio corpo a dispetto del tempo può cambiare e modificarsi, tuttavia questo non modifica il mio sentirmi sempre me stesso e il mio modo di avvertirlo (per un approfondimento su questo punto si faccia riferimento all’articolo “Identità e cambiamento“).

Tuttavia, ci accorgiamo della sua presenza generalmente quando abbiamo un dolore fisico, oppure quando siamo affaticati, o ancora più banalmente quando siamo affamati e queste sensazioni rompono il “silenzio” del corpo, e ci focalizzano sugli stimoli enterocettivi.

Il corpo inoltre può rivestire un ruolo centrale in alcuni disturbi psicolpatologici in cui la corporeità costituisce il modo peculiare per definirmi. In questo modo il corpo si costituisce come il ponte che mi mette in collegamento con l’altro e il mondo.

Alcuni esempi

Abbiamo già parlato di disturbi del comportamento alimentare (leggi l’articolo di riferimento qui): il corpo in questi disturbi diventa l’unica possibilità per sentirsi, in assenza dell’Altro. L’Alterità è il mio corpo con le sue sensazioni. La sensazione di fame e di vuoto è il modo per continuare ad avvertirsi, nel momento in cui la mancanza dell’Altro fa venire meno questa possibilità.

Nell’Ipocondria la persona si focalizza in modo eccessivo sulle componenti corporee (somatiche, muscolari, scheletriche, enterocettive…) le quali vengono lette come segnale di malattia, anziché alla luce della situazione o dell’esperienza emotiva. Un esempio frequente è la tachicardia: può essere dovuta ad uno sforzo fisico oppure ad una situazione di tensione o stress, o a una forte emozione provata. Il soggetto però la interpreta come un segnale di infarto incipiente disancorato a livello contestuale.

Infine un ultimo esempio: l’isteria, la manifestazione a livello corporeo forse più conosciuta grazie alla tradizione psicoanalitica. Le manifestazioni di difficoltà motorie (ad esempio di deglutizione, di visione ecc.) sono tanto più intense quanto più è forte la sensazione di disagio e la richiesta di aiuto.

Cosa fare quando il corpo richiede attenzioni: il sintomo

Il corpo attraverso il “sintomo” ci richiede attenzione. La richiesta di un supporto o di un aiuto è dovuta spesso alla difficoltà nel gestire la sintomatologia o nell’impossibilità di controllare il disturbo.

Il sintomo è il campanello che qualcosa ci sta disturbando nella nostra esistenza. Il corpo, come a compensazione, manifesta questa difficoltà per evitare di provare un ulteriore disagio o fuggire da quella situazione pericolosa. Ad esempio un attacco di panico ci evita un luogo legato a una situazione a noi spiacevole, così come una abbuffata trova una spiegazione e una comprensione se letta all’interno del contesto di vita del soggetto.

Il sintomo, quindi, modifica in qualche modo il fare esperienza del soggetto nel mondo e gli impone maggiore attenzione.

Cosa fare quando il corpo richiede attenzioni? È fondamentale considerare cosa ci sta dicendo questo disturbo: inserito nella storia di vita del “Chi” e in quelli che sono i suoi progetti e obiettivi futuri.

È erronea la concezione di considerarci come macchine rotte qualora vi sia la comparsa di un sintomo a noi fastidioso. Non siamo macchine, il sintomo è il segnale che qualcosa non funziona correttamente. È il modo in cui il nostro corpo comunica e ci mette in relazione con il mondo per permetterci di chiedere aiuto.

Il lavoro con un professionista, il suo fine, non è l’eliminazione del disturbo, come fosse un pezzo da cambiare in una macchina, ma invece il trovare un equilibrio nel malessere e comprendere quei vissuti più difficoltosi

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Bibliografia

  • Arciero, G., & Bondolfi G. (2009). Sè, identità e stili di personalità. Torino: Bollati Boringhieri, 2012
  • Galimberti, U. (2011). Psichiatria e fenomenologia. Milano: Feltrinelli editore
  • Lorenzi P. (2009). Il corpo vissuto. Psicopatologia e clinica. Firenze: Seid Editori