Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) è una condizione patologica che negli ultimi anni ha avuto grande attenzione a livello scientifico e mediatico. All’interno della classificazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, 2013) troviamo il disturbo collocato in una sua apposita sezione (e non più all’interno dei disturbi di ansia) denominata “Disturbo Ossessivo-Compulsivo e disturbi correlati”. Nel presente articolo verrà approfondito cosa si intenda con questo disturbo e quale è la lettura dal punto di vista ermeneutico-fenomenologico.
Principi Diagnostici
Riprendendo il DSM-5, i principali criteri diagnostici per la definizione del disturbo indicano la presenza di
- ossessioni – ovvero “Pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso del disturbo, come intrusivi e indesiderati e che nella maggior parte degli individui causano ansia o disagio marcati”;
- compulsioni – ovvero “Comportamenti ripetitivi o azioni mentali che il soggetto si sente obbligato a mettere in atto in risposta a un’ossessione o secondo regole che devono essere applicate rigidamente”; tali atteggiamenti risultano “volti a prevenire o ridurre l’ansia o il disagio o a prevenire alcuni eventi o situazioni temuti; tuttavia, questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o a prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi”
- la presenza sia di ossessioni sia di compulsioni.
“Disturbi Correlati”
Come accennato inizialmente, la classificazione dei DOC ha assunto maggiore rilevanza scientifica e attenzione a livello mediatico, ottenendo una classificazione a sé stante rispetto ai disturbi di ansia (a cui era annesso fino alla precedente edizione del Manuale). La definizione dei Disturbi Ossessivi Compulsivi include infatti altri disturbi definiti “correlati”, che risultano variazioni di comportamento all’interno del disturbo. Nello specifico essi sono:
- Disturbo da dismorfismo corporeo – Indica la presenza di preoccupazioni verso uno o più difetti percepiti nell’aspetto fisico che tuttavia non vengono rilevati o appaiono come lievi agli altri. Sono presenti anche comportamenti ripetitivi quali guardarsi allo specchio, cura eccessiva del proprio aspetto, stuzzicamento della pelle; oppure azioni di tipo mentale come confronto del proprio aspetto con quello altrui, convinzione di essere osservato e giudicato… Questo disturbo provoca nell’individuo alti livelli d’ansia, soprattutto di tipo sociale che lo portano all’evitamento delle situazioni sociali.
- Disturbo da accumulo (Hoarding) – Questo tipo di disturbo è caratterizzato da un accanita difficoltà da parte del soggetto di disfarsi di oggetti materiali, anche non utilizzati, inutili o ancora usurati. Ciò avviene indipendentemente dal valore dell’oggetto, vi è forte bisogno di conservazione degli stessi e dolore anche solo al pensiero di gettarli via. L’Hoarding deve essere differenziato dal semplice collezionismo in quanto i sintomi portano ad un accumulo eccessivo che raggiunge proporzioni tali da interferire con la vita del soggetto e i suoi stessi spazi vitali.
- Disturbo da escoriazione della pelle (Skin-Picking Disorder) – Il Disturbo si caratterizza per il ricorrente stuzzicamento della pelle che porta alla formazione di lesioni cutanee e a ripetuti tentativi di ridurre o interrompere lo stesso. Lo sviluppo di questi comportamenti sono spesso preceduti da sentimenti quali ansia e noia, anche un aumentato senso di tensione può precedere l’atto. L’atto stesso di stuzziamento è una modalità per tornare al corpo con una sensazione di piacere o un senso di sollievo.
- Tricotillomania – Con questo termine si fa riferimento al comportamento compulsivo di strappamento di peli o capelli. Questo tipo di comportamento porta alla lunga a calvizie e ad alopecia localizzata. Si sottolinea, tuttavia, come lo strappamento di peli può avvenire in diverse aree del corpo: le zone più comuni, oltre al cuoio capelluto, sono le sopracciglia e le ciglia. Questo tipo di disturbo è caratterizzato da un età di insorgenza che coincide con la pubertà, il decorso nella maggior parte dei casi è cronico con oscillazioni sintomatologiche.
Come appare chiaro questa classificazione identifica solo il “Cosa” della patologia, tralasciando il significato che essa ha per il soggetto. Approfondiamo di seguito quindi il significato del disturbo e cosa rappresenta per il soggetto (“Chi”).
Lettura fenomenologia del disturbo
Declinando la sintomatologia all’interno della storia di vita del soggetto è possibile comprendere quale significato abbiano per lui, nel suo spazio di esperienza unico, alla luce delle sue esperienze di vita e nei suoi orizzonti di attesa, quelle determinate ossessioni e compulsioni.
Ogni storia clinica va vista infatti come un testo da leggere e ascoltare, con l’attenzione protesa a cogliere tutto ciò che imprime un certo inconfondibile stile a un’esistenza (Muscatello & Scudellari, 2010).
In questo modo è possibile comprendere i motivi del soffrire e perché il “Chi” (la persona) fa esperienza di un mondo privo di coordinate, che ha perso il suo ordine e non fornisce indicazioni chiare sulla direzione da prendere.
Secondo la prospettiva ermeneutico-fenomenologica, coloro che sviluppano la patologia tendono perlopiù a mantenere una stabilità personale utilizzando un sistema di riferimento esterno, un modo di emozionandosi e co-percependosi a partire dall’Alterità (outwardness). Il senso di sé e tutto ciò che ne deriva (autostima, possibilità di azione…) viene percepito a partire dall’ “Altro” (in questo caso impersonale) che può corrispondere a: norme, valori, immagine di sè, ruolo…
La sintomatologia
“Solo dopo essere giunti a capire il mondo in cui vive il paziente ossessivo si può sperare di conoscere la genesi della patologia.” Straus, 2006 p.66
Il soggetto esperisce “un’accordatura emotiva insufficiente” con il mondo.
Per migliorare questa sua esperienza emotiva il rapporto deve essere gestito e regolato in modo rigoroso e sistematico, facendo ordine con un riferimento-un set di regole (sempre in continuo perfezionamento) che consenta di mantenere un adeguato senso di stabilità personale (Liccione, 2011). L’incontro con l’altro e il mondo è mediato del sistema di riferimento utilizzato.
L’indecisione, la scrupolosità o l’insicurezza, rappresentano modi di essere-nel-mondo che favoriscono la riconfigurazione esperienziale attraverso la mediazione di un sistema formale di significati. In questo modo l’ipseità è costantemente significata secondo riferimenti astratti e impersonali (le regole) che sono propri del sistema personale di coordinate, e al suo accadere, si appalesa un mondo conforme ad essi.
Le ossessioni sono la conseguenza dello iato che si crea fra esperienza e sistema di riferimento e le compulsioni rappresentano un tentativo di riconnessione tra quei due aspetti attraverso un ri-posizionamento immediato (Liccione, 2011).
Quando avviene la psicopatologia?
La psicopatologia è da indagarsi allora nella frattura identitaria alla base del disturbo: la mancata corrispondenza tra l’esperienza e lo specifico set di riferimento (Liccione, 2011). La sintomatologia risulta allora dal divario creatosi tra l’esperienza e il sistema di riferimento e le compulsioni sono il tentativo di riconnettere l’esperienza e il sistema di significati “attraverso un riposizionamento situazionale immediato” (Liccione, 2011).
Il senso di imperfezione, incompletezza, insufficienza, impossibilità di muoversi secondo coordinate definite del mondo è la logica conseguenza di questa mancata comprensione. Avviene una fondamentale alterazione del rapporto con la realtà che provoca quell’insicurezza ontologica che pervade l’atmosfera in cui si muove la persona: viene meno quel sentimento di fiducia, di “giustezza”, di relazione simpatetica con il mondo.
Il clima emotivo che emerge è quello del dubbio pervasivo di ogni aspetto della realtà.
Blankenburg parla di “perdita dell’evidenza naturale” per descrivere il mondo sempre più svuotato di significati che è proprio dell’ossessivo (Blankenburg, 1967).
La ricerca della perfezione diviene allora il tentativo di garantire o ricomporre le certezza del senso della propria esperienza, che sfocia in attività ripetitive, scrupolose e accurate benché spesso prive di ogni rilevanza: il rituale come atto che corrisponde a una sequenza, che rispetta una regola (Arciero & Bondolfi, 2012).
Il tempo nel DOC
Il soggetto perde la propria temporalità e la propria storia: è imprigionato in un “qui ed ora” ripetitivo, protocollato. Indecisione e dubbio sono figli dell’imprevedibilità delle conseguenze di un’azione alla luce dell’incertezza e della perdita di coordinate; il tempo quindi è scandito da azioni meticolose e lente in cui le decisioni sono ricalibrate in continuazione. Questo ricade a sua volta nei tentativi di ridurre l’imprevedibilità del futuro, e sfociano nell’effetto paradossale del dubbio eterno, infinito, che cristallizza il tempo dell’ossessivo nel presente.
Quali sono le possibilità terapeutiche?
Il lavoro psicoterapico è un percorso che aiuta il paziente a comprendere l’origine della frattura identitaria e restituire un mondo più vivibile. È un lavoro lungo e complesso, volto a ricercare ogni volta l’accadere nel “qui ed ora” in riferimento al sistema di coordinate esterno di co-determinazione unico per il soggetto. Il fine è ricreare il sentimento di fiducia nel mondo e di “orientamento” che consente di muovere un passo verso una rinnovata progettualità, spesso cristallizzata nel ripetersi dell’ora, in un infinito tempo senza tempo.
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Riferimenti bibliografici
- American Psychiatric Association (APA) (2013), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2014
- Muscatello, C.F. & Scudellari, P. (2010) Ossessione e delirio. Due momenti di una stessa crisi dell’identità dell’io. Comprendre, 21, 232-239
- Liccione, D. (2011) Psicoterapia cognitiva neuropsicologica. Bollati Boringhieri, Torino
- Arciero G. & Bondolfi G. (2012) Sé, identità e stili di personalità. Bollati Boringhieri, Torino
- Straus, E. (2006). Sull’ossessione. Uno studio clinico e metodologico. Giovanni Fioriti Editore, Roma.
- Blankenburg, W. (1967) La perdita dell’evidenza naturale: un contributo alla psicopatologia delle schizofrenie pauci-sintomatiche. Raffaello Cortina Editore, Milano
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