È all’ordine del giorno la presenza sul web di numerosi video e articoli che incitano alla perdita del perso e al raggiungimento della forma perfetta. Il periodo dell’estate è poi per molti aspetti un momento particolarmente difficoltoso per coloro che hanno già una sensibilità maggiore per i temi legati all’aspetto fisico e all’autostima. La maggiore esposizione corporea, il confronto sociale e maggiore momenti di socialità possono essere difficoltosi da gestire ed essere fonte di importante disagio.
Soprattutto negli ultimi anni, inoltre, è sempre più forte il grido di attenzione nei confronti dei disturbi del comportamento alimentare e della nutrizione dai professionisti che a vario titolo si occupano di salute (medici, nutrizionisti, psicologici…).
Approfondiamo insieme cosa si intende con questi termini e quali i vissuti dietro queste difficoltà. Seguirà poi un focus sull’anoressia nervosa.
Disturbi del comportamento alimentare e della nutrizione
Il Ministero della Salute (dati aggiornati al 2020) stima che tutti i disturbi dell’alimentazione sono più frequenti nella popolazione femminile che in quella maschile: negli studi condotti su popolazioni cliniche, gli uomini rappresentano il 5-10% di tutti i casi di anoressia nervosa, il 10-15% dei casi di bulimia nervosa.
Per quanto riguarda l’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi.
Per quanto riguarda la bulimia nervosa ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gli uomini.
Nell’anoressia nervosa, il tasso di remissione è del 20-30% dopo 2-4 anni dall’esordio, 70-80% dopo 8 o più anni. Nel 10-20% dei casi si sviluppa una condizione cronica che persiste per l’intera vita.
Le fasce di età di insorgenza sono frequentemente compresa tra i 15 e i 19 anni e, secondo stime recenti, fino al 20% dei casi si caratterizza per una persistenza lifetime.
Le problematiche riguardanti disturbi del comportamento alimentare e della nutrizione, sia che risultino manifesti, ovvero rispettino i criteri per cui sono diagnosticabili, o sotto-soglia, hanno al centro una problematica inerente al vissuto corporeo. Tali problematiche si riflettono in una difficoltà a vivere la propria emotività e le emozioni legate al proprio corpo.
I principali disturbi dell’alimentazione sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED).
Si deve inoltre sottolineare che sono sempre più ima aumento alcuni altri disturbi correlati, come i disturbi della nutrizione (feeding disorders) e i disturbi alimentari sottosoglia, categoria utilizzata per descrivere quei pazienti che pur avendo un disturbo alimentare clinicamente significativo, non soddisfano i criteri per una diagnosi piena.
Che cosa è l’anoressia
All’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali (DSM-5, 2013), troviamo la definizione di “Anoressia Nervosa” all’interno della sezione dedicata ai “Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione”. Questa parte del manuale raccoglie tutti quei disturbi caratterizzati da comportamenti riguardanti l’alimentazione e l’alterato consumo/assorbimento di cibo, con la relativa compromissione significativa della salute fisica e del funzionamento psico-sociale.
I criteri
La diagnosi nosografico-descrittiva del disturbo (DSM-5) prevede la presenza di specifici criteri, così declinati:
Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alla necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo previsto.
Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistere che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso
Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del corpo, eccessiva influenza del peso o della forme del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità attuale della condizione di sottopeso.
La diagnosi inoltre può essere affinata secondo gli specificatori
- Tipo restrittivo: ovvero la perdita si peso è ottenuta attraverso il digiuno e la dita restrittiva e/o l’attività fisica eccessiva
- Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi e diuretici o enteroclismi)
Risulta inoltre importante specificare se attualmente la condizione è in remissione (parziale o totale) e quale risulta la gravità attuale, che si si assegna, per gli adulti, sulla base dell’indice di massa corporea (BMI) attuale o, per i bambini e gli adolescenti, sulla base del percentile di BMI.
I limiti della diagnosi nosografico-descrittiva
Tuttavia questa diagnosi, definita nonografico-descrittiva, nulla ci dice del disagio che sta vivendo la Persona.
La diagnosi riveste naturalmente utilità comunicativa (fondamentale per la presa in carico multidisciplinare e la comunicazione tra professionisti), e interventistica (ad esempio con l’uso di protocolli medici specifici). Tuttavia, a livello clinico risulta scarsamente utile, soprattutto durante il percorso psicoterapico, dove il “Chi”, la Persona, porta al colloquio con il terapeuta un’esperienza e un vissuto unico e irripetibile, tipico del suo modo di fare esperienza individuale, frutto della sua storia di vita e delle sue progettualità future (orizzonti di attesa).
È quindi fondamentale, accanto alla diagnosi nosografico-descrittiva, che il terapeuta comprenda la diagnosi esplicativa del disturbo, ovvero, la spiegazione che consente di comprendere i motivi del disagio, più che il nome con il quale esso è etichettato. Questa modalità di lavoro permette di poter impostare un percorso volto a migliorare lo stato di malessere della persona nel qui ed ora e alla sua successiva risoluzione.
Lettura fenomenologia del disturbo
La lettura del disturbo legato all’anoressia nervosa, spesso fa risalire la natura del problema a una alterazione della propria immagine corporea. Nell’idea popolare l’anoressia si riconduce all’incapacità di percepire la propria magrezza, di valutare correttamente le proprie proporzioni corporee e il proprio grado di attraenza. Tuttavia, questo comporta alcune problematiche ed incongruenze rilevate anche da letteratura scientifica. Infatti, secondo alcune ricerche, sono poche le persone anoressiche incapaci di stimare correttamente le proprie dimensioni corporee o la propria attrattività (Probst et al, 1998; Gutierrez & Carrera, 2016; Jansen et al, 2006).
La comprensione della problematica, entrando nel merito della psicoterapia cognitivo-neuropsicologica, è possibile avendo chiaro le modalità peculiari di tipo corporeo-esperienziale che caratterizzano il mantenimento del senso di stabilità personale individuale, e che sono presenti prima dell’insorgenza del disturbo e, inoltre, permangono dopo la sua risoluzione (Liccione, 2019).
A livello fenomenologico, l’anoressia nervosa è un’esperienza caratterizzata dall’essere affamati tutto il giorno (starving), che rappresenta la ricerca di un modo di sentir-si (Liccione, 2019). In questo senso è tipica di coloro che mantengono il senso di stabilità personale perlopiù ancorato verso un punto di riferimento esterno (outwardness), a partire da una Alterità significativa (Arciero & Bondolfi, 2012). In parole più semplici: il soggetto percepisce sé stesso in modo positivo/negativo e quella che è la sua autostima a partire dall’Altro, esterno a lui, e giudicato come significativo.
Risulta ora più comprensibile il motivo della presenza spesso di temi legati al perfezionismo, all’adesione a canoni o all’alto senso di critica che accompagna questa patologia. All’interno della storia di vita questo di tradurrà come adesione a canoni che consentono il controllo (controllo del corpo e adesione a modelli estetici di magrezza) e che permettono di veicolare quell’immagine positiva di sé che consente un ritorno positivo da parte dell’Alterità.
Quando si manifesta la psicopatologia?
Eventi di vita che alterano il senso di stabilità personale basato sull’Alterità portano di conseguenza a innescare il tema della confusione/demarcazione che porta di conseguenza alla disidentitarietà dell’esperienza e una perdita del senso di sé. Allontanarsi dell’Altro per una disconferma o per la sua presenza asfissiante e oppressiva comporta la necessità di trovare un nuovo punto di co-percezione, che all’interno di questo quadro patologico corrisponde alla propria corporeità.
Il corpo diventa l’unico polo su cui sintonizzarsi. In questo modo il mio Altro è il mio corpo, e non più l’altro esterno a me. Il corpo sembra non costituire più, apparentemente, l’esperienza essenziale dell’ “essere-nel-mondo“, ma è invece la base della propria identità.
La corporeità viene attivata e interpellata secondo modalità attivanti determinate dalla scarsa familiarità viscerale solitamente percepita dalla persona. La fame è il modo di fare a meno dell’Altro, dimostratosi fonte di co-percezione e di “poter vivere senza”. Tale consapevolezza è costantemente confermata tramite il controllo del peso, parametro oggettivo di capacità (Liccione, 2019). La magrezza non è allora sinonimo di bellezza, come hanno confermato anche gli studi scientifici, ma di essere in grado di controllo, autonomi e liberi dall’Altro.
È chiaro ora che al centro della patologia vi è una problematica inerente il vissuto corporeo. Tali problematiche si riflettono in una difficoltà a vivere la propria emotività e le emozioni legate al proprio corpo.
Quali possibilità terapeutiche?
L’intervento in Psicoterapia Cognitivo-Neuropsicologica si basa sulla creazione di possibilità di esistere altrimenti attraverso la co-percezione su nuove e diverse forme di Alterità, più funzionali al benessere. Offrire nuove possibilità e nuove progettualità che consentano la riapertura di Sé al mondo e alle progettualità future in modo autentico, mantenendo il senso di stabilità personale.
Il percorso terapeutico è spesso difficoltoso e caratterizzato da abbandoni della terapia (drop-out) proprio per la importante identitarierà della patologia. Spesso la malattia infatti è vissuta con un valore positivo e l’intervento di aiuto è considerato come intrusivo e minaccioso per il proprio senso di controllo su di Sé e sull’Altro.
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Bibliografia:
- American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical Manual of Mental Disorders (Fifth Edition) DSM-5. Washington DC, American Psychiatric Publishing.
- Arciero, G. & Bondolfi, G. (2012). Sé, identità e stili di personalità. Torino, Bollati Boringhieri.
- Liccione, D. (2019). Psicoterapia cognitiva neuropsicologica. Nuova edizione ampliata, rivista e aggiornata. Torino, Bollati Boringhieri
- Jansen, A., Smeets, T., Martijn, C., & Nederkoorn, C. (2006). I see what you see: The lack of a self‐serving body‐image bias in eating disorders. British Journal of Clinical Psychology, 45(1), 123-135.
- Gutiérrez, E., & Carrera, O. (2016). Anorexia nervosa and body-image disturbance. The Lancet Psychiatry, 3(2), e9-e10.
- Probst, M., Vandereycken, W., Van Coppenolle, H., & Pieters, G. (1998). Body size estimation in anorexia nervosa patients: the significance of overestimation. Journal of Psychosomatic research, 44(3-4), 451-456.
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