Come abbiamo visto il termine “demenza” costituisce un termine collettivo (termine ombrello) per definire un insieme di difficoltà cognitive e comportamentali che comportano una progressiva, più o meno veloce, perdita di autonomia (per l’approfondimento si rimanda all’articolo completo “Demenze: facciamo un po’ di chiarezza!“).
Tra queste la demenza o Malattia di Alzheimer è sicuramente la più famosa.
Ma cos’è la Malattia di Alzheimer? Quali sono i campanelli di allarme, i suoi sintomi e la sua evoluzione? Cosa si può fare per contrastarla?
La malattia di Alzheimer – origine della patologia
Questo tipo di demenza deve il suo nome al medico psichiatra che ne scoprì l’esistenza: Alois Alzheimer. Il medico tedesco fu il primo a condividere le difficoltà cognitive riscontrate in una donna di 51 anni, Auguste. La signora mostrava difficoltà mnesiche e linguistiche, con un impoverimento delle abilità di scrittura.
È poi un neurologo italiano, Gaetano Perusini, che condusse i primi studi di classificazione dei sintomi della patologia su altri pazienti simili alla signora Auguste. Collezionò e illustrò numerosi casi che vennero pubblicati dal dottor Alzheimer nel 1910.
Nello stesso anno, inoltre, la “Malattia di Alzheimer” venne inserita ufficialmente nel Manuale di Psichiatria, opera di Kraepelin.
Cos’è nello specifico la Malattia di Alzheimer?
Come brevemente accennato questo tipo di patologia provoca un progressivo peggioramento cognitivo-comportamentale e funzionale. Il suo esordio è subdolo e spesso i sintomi sono sottovalutati o mal-valutati.
Nello specifico è una malattia definita “degenerativa”: la sua progressione provoca una distruzione delle cellule cerebrali. Il nostro cervello, come noto, è costituito da miliardi di cellule (i neuroni) che sono collegate tra di loro formando una sorta di rete in costante comunicazione. Le diverse parti della rete svolgono lavori differenti (ovvero le nostre abilità cognitive), dislocate, ma sempre collegate tra le diverse aree cerebrali.
Ciò che accade a un malato di Alzheimer è che alcune di queste parti smettono gradualmente di funzionare, fino alla loro morte. I responsabili del malfunzionamento e successiva morte cellulare sono due strutture anomale. Tali strutture si sono evidenziate attraverso esami specifici (prelievo di liquor) nei cervelli di pazienti con Alzheimer: le placche di beta-amiloide e i grovigli neurofibrillari. Entrambe queste strutture sono due proteine, le prime, le placche, si accumulano negli spazi tra le cellule nervose, mentre i grovigli all’interno delle cellule.
Con il passare dell’età, la maggior parte delle persone sviluppa placche di beta-amiloide e grovigli neurofibrillari, ma non tutti questi soggetti saranno malati di Alzheimer.
Gli studi in merito non hanno ancora definito con esattezza il ruolo di queste due formazioni, tuttavia, chi sviluppa la patologia sembra averne in numero molto maggiore e con uno sviluppo prevalente in alcune aree specifiche (principalmente quelle deputate alle funzioni mnesiche).
Quale è l’evoluzione della patologia e i campanelli di allarme e i suoi sintomi?
A livello neuro-anatomico (ovvero ciò che succede al cervello), vi è, come intuibile a questo punto, un cambiamento importante costituito da una degenerazione del tessuto cerebrale. Tali cambiamenti, secondo i più recenti studi, sembrano iniziare molti anni prima del manifestarsi della patologia vera e propria.
Si definisce questo primo momento con il termine di “fase pre-clinica” caratterizzato dal manifestarsi dei primi sintomi che, tuttavia, non hanno un impatto così importante nella vita di tutti i giorni.
Le prime difficoltà possono coinvolgere attenzione, capacità di pianificare, memoria e linguaggio. A livello diagnostico tale fase prende il nome di “mild cognitive impairment” (MCI). La durata di questa fase e le difficoltà riscontrate sono diverse da soggetto a soggetto ed è fortemente influenzata dallo stile di vita e dalle risorse del soggetto (“riserva cognitiva”).
Non tutti gli individui poi sviluppano la patologia, ciò che innesca la progressione non è stato ancora individuato, ma alcuni soggetti si mantengono in questa fase pre-clinica.
I campanelli di allarme
Tuttavia molti sono i soggetti che dalla condizione pre-clinica sviluppano sintomi sempre più gravosi, manifestando quindi una vera e propria patologia dementigena.
Vediamo insieme i principali campanelli di allarme della patologia.
- Difficoltà di memoria: la difficoltà principale riguarda l’abilità di ricordare le informazioni apprese di recente (appuntamenti e visite ad esempio, oppure date importanti). La ripetitività e le continue richieste sono un sintomo che viene spesso rilevato dai familiari.
- Difficoltà nella gestione dei compiti quotidiani: come preparare il pasto, lavarsi…. La dimenticanza è sia inerente alla procedura sia all’aver compiuto l’azione.
- Difficoltà di programmazione e di problem-solving: le attività quotidiane vengono gestite più lentamente con difficoltà nell’organizzazione. Alcuni esempi possono essere problemi nel ricordare la ricetta e la sequenza con cui aggiungere gli ingredienti, o tenere la contabilità domestica, o ancora spostarsi in luoghi non famigliari.
- Difficoltà lungo le coordinate spazio-temporali: perdere la strada per rientrare a casa o dimenticare la data corretta sono sintomi tipici dell’evoluzione della malattia.
- Difficoltà di linguaggio: aumentano le problematiche relative alla fruibilità linguistica. Le parole sono spesso “sulla punta della lingua” e durante i discorsi vengono sostituite o utilizzate impropriamente.
- Impoverimento delle abilità di giudizio: spesso si rileva difficoltà nella gestione del denaro oppure nel prestare attenzione a come è opportuno cucinare/conservare un alimento, oppure ancora alla corretta cura e igiene della propria persona.
- Perdita degli oggetti: i soggetti spesso lamentano di perdere le chiavi, il telecomando, il denaro… tuttavia questo comportamento nasconde frequentemente un comportamento tipico della patologia. Gli oggetti vengono spesso ritirati in posti non corretti o inusuali per timore che siano rubati o semplicemente perchè non si ricorda il luogo corretto dove riporli.
- Cambiamenti dell’umore o di comportamento: l’umore nella demenza di Alzheimer cambia in modo repentino e poco correlato al contesto. Talvolta vi è deflessione del tono dell’umore e ansia molto evidenti.
- Cambiamento di personalità: comportamenti sospettosi, nervosismo, irrequietezza sono spesso presenti
- Tendenza all’isolamento e mancanza di iniziativa: progressivamente vi è la perdita di iniziativa, gli hobby e gli interessi precedenti vengono messi da parte, così come la voglia di condivisione con l’altro.
Cosa si può fare per contrastarla?
La malattia di Alzheimer ad oggi non ha una cura risolutiva. Come trattato già in altri articoli la strategia fondamentale è la prevenzione (per un approfondimento si rimanda all’articolo “Invecchiamento di successo“).
Qualora vi sia sospetto di patologia è urgente un tempestivo intervento al fine di tenere sotto controllo i sintomi e rallentare la progressione della patologia.
La diagnosi più accurata è possibile soprattutto nelle prime fasi della patologia così come il beneficio maggiore degli interventi. La presa in carico del paziente e dei familiari, oltre ad essere un supporto per la patologia, è fondamentale per accompagnare l’intera famiglia nella gestione in questo cammino spesso difficoltoso.
L’iter corretto per la sua gestione prevede:
- contatto con il Medico di Medicina Generale (MMG)
- invio per l’approfondimento neurologico/geriatrico
- per una accurata diagnosi è opportuno inoltre: valutazione tramite neuro-imaging (TAC o RMN encefalo) e successiva batteria neuropsicologica
- integrazione vista neurologica + referto neuroradiologico + valutazione neuropsicologicaValutazione Neuropsicologica = diagnosi
- seguirà la proposta di un intervento farmacologico (prescritto dal medico neurologo) e non farmacologico (stimolazione cognitiva). Entrambi gli interventi hanno sempre il fine di rallentare la progressione della patologia, tenere sotto controllo i sintomi e mantenere attivo e allenato il paziente dal punto di vista cognitivo e sociale.
Se sei preoccupato per la tua salute cognitiva o per quella di un tuo caro, chiedimi informazioni, insieme cercheremo di capire come affrontare il problema
Fonti:
- https://www.alz.org/alzheimer_s_dementia
- https://www.alz.org/it/demenza-alzheimer-italia.asp
- McKhann, G. M., Knopman, D. S., Chertkow, H., Hyman, B. T., Jack Jr, C. R., Kawas, C. H., … & Mohs, R. C. (2011). The diagnosis of dementia due to Alzheimer’s disease: recommendations from the National Institute on Aging‐Alzheimer’s Association workgroups on diagnostic guidelines for Alzheimer’s disease. Alzheimer’s & dementia, 7(3), 263-269.
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